Mille luci per il popolo tibetano - Associazione Culturale Tibetana

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ARCHIVIO > 2012

Mille luci per il popolo tibetano


E’ stato bello partecipare alla cerimonia in ricordo dei martiri tibetani che Lama Tashi ha tenuto la sera del 12 Maggio a Modena.
Sotto ad una coperta di nuvoloni grigi, mille candele sono state simbolicamente accese a memoria di un popolo vittima dell’ingiustizia e dei suoi martiri, dei suoi profughi, dei suoi orfani.
Il Tibet, invaso più di cinquanta anni fa dall’esercito cinese, ha subito ogni sorta di atrocità: dall’annientamento culturale, fin al tentativo di sradicare la filosofia buddista che, da un migliaio di anni, è la Via Maestra di ogni tibetano. Il nettare che il popolo tibetano ha tratto dagli insegnamenti buddisti, il suo aggrapparsi con fermezza e fiducia alla Via della Compassione, gli ha permesso di resistere alla ferocia dell’invasore con compostezza e dignità, sopportando,  senza reagire alla violenza con la violenza. Se mai aggressività c’è stata è stata verso sé stessi; immolandosi –dall’inizio del 2011 più di 34 monaci si sono dati alle fiamme- per portare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla loro disperata condizione.
Nella sua preghiera Lama Tashi ha ricordato  tutti coloro i quali hanno sofferto a causa dell’invasione dei cinesi, augurando una soluzione a breve di tutte le  ingiustizie.
La sofferenza non è solo nel popolo tibetano vittima dell’invasore, ma è innanzitutto il popolo invasore ad essere vittima di rabbia e insoddisfazioni interiori tali, da dover rivolgere la sua collera nei confronti di chi vive la propria esistenza in modo tranquillo, sotto ad un governo (fino al 1959) teocratico, mostrando in questo modo i sintomi di un malessere che trova sfogo nella repressione.
Quando la testa prende il posto del cuore, quando le ideologie offuscano i sentimenti, quando le esigenze economiche e militari divengono primarie, allora i propri confini non bastano più a contenere l’ambizione; occorre ingigantirsi e, per fronteggiare le proprie debolezze, occupare terre, procurarsi acqua e posizioni militarmente dominanti.
Quando gli uomini vedranno sé stessi come parte di un unico grande corpo universale, in cui ogni essere senziente è unico e irripetibile, quando l’attenzione si sposterà dall’”Io” al “Noi”, solo allora avverrà quella crescita di consapevolezza che porrà termine alle avversità causate dall’uomo a suoi simili.
La quindicina di persone presenti alla cerimonia ha vissuto un momento di grande partecipazione.
Quando qualche goccia è scesa dal cielo qualcuno ha immaginato che lassù qualcuno abbia ascoltato le parole di Lama Tashi e si sia commosso.



 
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